E' difficile capire se ciò che ti lascia senza fiato è la superficie ghiacciata del lago Baijkal o i -30 °C che freezzano tutto quello che ti circonda. I quattro metri di ghiaccio su questo mare interno sconfinato, su cui passano i pesanti camion militari che attraversano il lago come su una comoda autostrada (solo invernale) per raggiungere la Burijatia, paiono il coperchio di un colossale congelatore da cui estrarre con calma i pesci che i pescatori tentano con esche improbabili, nei buchi della calotta nella penombra invernale. Ben coperti, eravamo ad un centinaio di kilometri a nord di Irkutsk passeggiando sul ghiaccio vivo ai bordi della superficie vetrosa verde-blu. Avevamo lasciato da poco l'Istituto Limnologico in cui il Glavnij Limnolog ci aveva illustrato un mirabolante progetto di estrazione dell'acqua dal fondo del lago a 1800 metri, per imbottigliare e vendere in tutto il mondo l'acqua purissima e antica di milioni di anni del Baijkal. Trascurando il fatto che più a nord vi è una presenza di giganteschi impianti per produrre alluminio, l'anziano scienziato era entusiasta dell'idea. Solo al termine del colloquio scoprimmo che il progetto non aveva alcuna copertura finanziaria; cercamo di spiegargli il senso della necessità di dilazionare la cosa e lo lasciammo con grandi saluti ed abbracci secondo l'uso sovietico. Così rimanemo un po' a godere degli ultimi pallidissimi raggi del giorno che stava lasciando spazio alla lunga notte polare, lungo la riva da cui a fatica si scorgeva la linea lontana della sponda opposta. Il dolore forte alla base della laringe, al termine di un lungo respiro, è il segno evidente che la temperatura è inferiore ai 30 °C e l'intorpidimento generale è un ulteriore stimolo a muoversi verso un luogo coperto. Il freddo era veramente intenso, non avevo mai provato una temperatura così bassa; sentivo tutti gli arti torpidi e la punta del naso e le guance, senza riparo, erano stranamente insensibili. Rattrappiti e infagottati nelle nostre dublionke, richiamammo quindi all'ordine Kolija che ci accompagnava, pregandolo di riportarci in un luogo più consono alla vita. Lui ci guardò con occhio perplesso e sbottò: - Eh, lo so, non fa più quel bel freddo sano di una volta. A gennaio si stava quasi sempre sotto i 45 °C, ma da quando hanno fatto la diga sull'Angarà, il clima è proprio cambiato e non si va quasi mai sotto i 30 °C; per forza che poi si prendono le influenze. Andiamo a farci una bottiglia di vodka!- Lasciammo il lago verso la dacia di Kolija, mentre calava la notte.
martedì 3 marzo 2009
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