martedì 3 marzo 2009
Un italiano vero
Karachaevo-Cherkesskaja è una piccola repubblica semiautonoma nel Caucaso del Nord a due passi da Ingushetia e Cecenia. I Circassi, una delle litigiose etnie montanare che la abitano, sempre in lite con i vicini, sono fieri e certi dei loro diritti (e quasi sempre armati, tanto per sostenerli meglio). Nel '92 l'URSS stava per tirare le cuoia, accartocciandosi sulla incapacità di rinnovamento della sua gerontocrazia (ehehehehe, bisognerebbe imparare dalla storia , anche recente) ed io, con l'amico Evghenij, ero a Cerkiesk per un bel contrattone in una fabbrica di vodka. Terminate le trattative, ce ne andammo a pranzo, ma a quel tempo i ristoranti erano rarissimi in Russia, tantomeno in quell'avamposto montanaro. Risultò che l'unica opzione era un locale notturno che aveva anche un servizio di ristorante. Data la scarsità di clienti avrebbe aperto solo per noi e quanto ci presentammo all'una, puntuali come gli storioni del Volga, le inferiate del bunker (questa almeno era l'apparenza) erano ancora chiuse. C'erano 15°C sotto zero e dopo aver suonato una campanella chioccia, battevamo i piedi sul cemento ghiacciato, io nella mia calda dublionka, invidiato da uno Zhenija imbozzolato in un impermeabilino leggero e una piccola shapka di similpelle in testa. Dopo poco si aprirono le sbarre e comparve un armadio in camicia nera e gessato grigio molto famiglia Soprano ed un preoccupante gonfiore all'altezza dell'ascella sinistra. Due fessure senza espressione al di sotto dell'unico sopraccilio che inquadrava la fronte rugosa ci esaminarono lentamente, poi le carnose labbra caucasiche bisbigliarono: " Italijanzi?". "Da" fu la nostra stringata risposta imposta dalla temperatura che consigliava di accelerare i tempi. Mentre la nostra preoccupazione aumentava, l'armadio si piazzò davanti alla porta con le gambe ben piantate per non perdere l'equilibrio e dopo averci fatto segno di non aver fretta, piegò il testone leggermente di lato, si mise una mano sul cuore, proprio sopra il gonfiore sopspetto e con voce stentorea cominciò in un italiano inficiato dal pesante accento : "Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano, lasciatemi cantare, sono un italiano, ecc." La performance durò ben oltre i tre minuti canonici impiegati da Toto Cutugno e quando arrivò al termine il cerbero aveva le rosee gote imperlate di sudore nonostante la camiciola. Poi ci strinse a lungo la mano e ci accompagnò all'interno nei meandri del night club deserto. Mangiammo Italijanski salad , borsch e sashliki di barano molto teneri. Il montone del Caucaso è noto per la sua carne delicata.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento