L'inventiva è dono raro, se poi si unisce all'immedia-tezza ed alla capacità di utilizzo dell'idea folgorante nell'occasio-ne propizia, allora diventa arte ed è di pochi. Quanti si rammaricano, terminato l'evento, di come avrebbero potuto intervenire con arguzia, aggiungere un'osservazione intelligente, dire una cosa memorabile. Troppo tardi, tutti se ne sono già andati e l'idea rimane lì, sterile, ormai inutile a frullare nella testa per tutta la notte. Ancora inverno con babbo gelo che copre la foresta infinita di betulle dell'immensità siberiana di neve vergine. Irkutsk pigra ed immobile sul Bajkal, dorme tranquilla tra Jakutsia, Buriatja e Chita, terrae incognitae, note solo ai giocatori di Risiko. Eravamo stanchi dopo una giornata trascorsa all'accettazione definitiva di un piccolo impianto per produrre casse portabottiglie e dopo una cena anonima nel salone dell'unico albergo, ci preparavamo al sonno del giusto per recuperare le forze alle battaglie del giorno successivo. Blinj con sevruga, balik, una saljanha un po' oleosa e carne grigliata anonima. Mentre attendevamo il dessjert, ecco dal fondo della sala, avvistata la preda, avvicinarsi la tipica fauna degli alberghi russi, due gentili signorine che con uno smagliante sorriso di circostanza pongono le domande di rito e che la cortesia impone di far accomodare. Per fortuna la cena era ormai finita e ci si salva con un bicchierino di classico Amarjietto, il più amato dalle russe. Caso anomalo per la femmina russa media e la siberiana in particolare, le due erano piuttosto anonime, Anja una biondina magra e slavatella e Zvjeta, una burjata bruna e grassoccia che, in corrispondenza alla sua etnia, sembrava avesse sbattuto la faccia contro un camion. Cominciarono subito con il panegirico sull'italianità, mentre noi cercavamo una via per lo sganciamento educato. E' qui che la genialità trova la sua corretta applicazione. Alla domanda legittima su cosa ci facevano tre simpatici italiani nelle profondità delle Russie, il più abile slavofono tra di noi, l'amico Ferox, che di tanto in tanto compare qui con sagaci commenti, cominciò a raccontare la nostra storia. Eravamo alti funzionari di una ditta italo-australiana arrivati ad Irkutsk per creare una grande Joint-venture con la municipalità. Infatti eravamo venuti a conoscenza di un fatto assolutamente rivoluzionario e segreto. Nelle vicinanze del lago e solo lì, luogo unico al mondo, spirara per quasi 250 giorni all'anno il vento da nord, sempre uguale, teso e gelido e sempre nella stessa direzione. Questa particolarità aveva prodotto intere immense foreste di betulle i cui fusti piegavano tutte nello stesso modo con un angolo quasi perfetto di 121 gradi. Esattamente la curvatura del boomerang di cui la nostra azienda era leader mondiale per fabbricazione e commercializzazione. Così era nata l'intenzione di costruire una grande fabbrica di boomerag, ecologicamente compatibile, sulle rive del lago, che ottenendo con facilità un boomerang perfetto da ogni betulla abbattuta, avrebbe dato lavoro ad almeno tremila persone della zona. Le ragazze, che non avevano mai sentito la storia del troncio e dello stuzzicadenti, anche se adattata al luogo, assentivano col capo e con la bocca appena aperta per la meraviglia. Una chiese se il fratello avrebbe potuto fare domanda di assunzione. La mattina prestissimo era prevista l'inspeczia alla foresta più vicina e la firma del kantract. Per questo le lasciammo a consolarsi con la bottiglia dell'Amarjietto, ma mentre ce ne andavamo all'ascensore vedemmo che si dirigevano verso un tavolo di Coreani in cerca di miglior fortuna. La lunga notte siberiana aveva vinto da ore la fioca luce del giorno.
mercoledì 15 luglio 2009
Bianco di betulla
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