Sono sempre stato morbosamente attratto dalla capacità che hanno alcuni nell’apprendimento delle lingue, forse perché mi ha sempre affascinato capire i tortuosi percorsi logici degli idiomi, spesso così comuni tra di loro, spesso così lontani e diversi. Che bello poter essere un poliglotta, capire con facilità le persone che incontri per il mondo, poter far passare i tuoi concetti a chi ti è tanto lontano per cultura e mentalità. Certo è per questo che mi sono avvicinato, per curiosità e interesse a tutte le forme linguistiche a cui ho avuto occasione di passare accanto, per caso o per scelta, cercando di penetrarne, almeno superficialmente i segreti ed i punti di comunione. Purtroppo, per incapacità genetica o per pigrizia innata, non sono mai andato oltre a conoscenze molto superficiali, che non mi permettono di esprimermi bene in nessuna delle lingue di cui mi sono interessato (per la verità neppure in italiano, come dicono alcuni miei detrattori e come avranno spesso avuto modo di notare i miei 25 lettori), fedele anche alla mia filosofia tuttologica che è meglio fare tante cose male piuttosto che conoscerne una a fondo alla perfezione. Però ho sempre ammirato gli affabulatori linguistici come il mio amico Ferox che intorta i suoi ascoltatori in russo o cinese indifferentemente oltre ad un altro paio di idiomi, ma, in questo caldo pomeriggio d’estate, questo mi porta a ricordare un tiepido marzo in Crimea, terra di storia antica anche se un poco decaduta, quando conobbi un certo R. un commerciale di lungo corso che aveva battuto per oltre tre decenni le terre dell’Unione Sovietica in lungo ed in largo. Era costui dipendente di una ditta di trading che vendeva impianti di vario tipo e ci eravamo trovati a collaborare casualmente, nel tentativo di fornitura di una fabbrichetta di gelati nella neonata Ukraina dalle parti di Sinferopoli. Poiché una serie di manifesti sparsi per la città, mettevano in guardia circa una epidemia di colera che, a quanto sembrava, stava imperversando in città, ce ne stavamo rintanati in albergo a mettere a punto l’offerta, ma come capita nei momenti di rilassamento, prese a raccontarmi un po’ delle sue esperienze. Io che avevo tutto da imparare di quel mondo, lo ascoltavo rapito. Rimpiangeva soprattutto di non essere più giovane, per poter cogliere tutte le opportunità che quel mondo in rapido mutamento sembrava offrire. Con poche migliaia di dollari avrebbe comprato un impianto usato per fare ghiaccioli e avrebbe voluto iniziare un business vicino a Yalta, luogo ideale che si apriva al turismo interno. Scoprii che il costo del ghiacciolo è costituito quasi tutto dal bastoncino di legno che lo sostiene, circa 1 lira, tutto il resto mirabolanti guadagni; già si vedeva con uno stuolo di ragazzini alle dipendenze,con un contenitore pieno di ghiaccioli appeso al collo, da mandare in giro per le spiagge ed i luoghi di villeggiatura, i cosiddetti Sanatorji, e poi forniture ad alberghi, bar, insomma soldi a palate. Mi raccontava anche, con dovizia di particolari i modi con cui prendere i russi e le russe; lui grande bevitore aveva dimostrato la sua resistenza alla vodka, scolandosene più volte un boccale da birra, suscitando in questo modo sconfinata ammirazione nei futuri clienti che valutando la prestazione, avevano poi, prontamente firmato il contratto. Conoscevo anch’io l’importanza della convivialità nei rapporti d’affari laggiù, ma ero comunque convinto che la parte fondamentale fosse giocata anche dalla simpatia personale e dalla capacità di chiacchiera del soggetto, per cui gli espressi la mia invidia per come certamente, attraverso tutti quegli anni di permanenza, avesse ormai una padronanza perfetta delle sfumature della lingua russa che gli potevano permettere valutazioni fondamentali nelle trattative. Mi squadrò in tralice dal basso, essendo piuttosto piccolino seppur corpulento (come lo definiva Zhenjia) e poi mi disse in tono definitivo: - Dopo trenta anni di Russia, so dire solo buon giorno, buona sera e togliti le mutande, le uniche cose che servono in questo paese.- Sarà anche per questo che non ho poi molto approfondito neanche il russo, che pure è una lingua così affascinante. Un’altra occasione perduta, mentre me ne sto qui, in un bar di montagna, a succhiare un ghiacciolo alla cola e mi sembra di ricordare che, secondo R. sarebbe stato uno dei gusti più richiesti dalle signore del luogo.
venerdì 21 agosto 2009
Conoscenze linguistiche.
Etichette:
commercio,
Crimea,
esportazione,
produzione gelati,
Russia,
Sinferopoli,
Ukraina,
URSS
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento