Da oggi potete ottenere sconti su Amazon Italia cliccando qui:

sabato 24 luglio 2010

Caldo o freddo?


Quando fa caldo, mi vien da pensare al freddo. Non al fresco come forse sarebbe più naturale, ma proprio al freddo freddo, quello tosto che ti è capitato qualche volta e ti ha fatto soffrire. Una volta ero sempre gelato. Quando ero in montagna, gli amici mi prendevano in giro, perché ero sempre carico di maglioni e giacche a vento pesantissime, anche quando gli altri erano in maglietta; non mi facevo mancare neanche guanti e calzettoni. Poi è stata la Russia che deve avermi cambiato. Temperature micidiali e neve sconfinata tra betulle fino all’ultimo orizzonte, ghiaccio lungo i muri, stalattiti trasparenti che cadono dai tetti. Adesso non mi pare di sentirle più le basse temperature. Ho sempre caldo e non tremo più quando tira il vento gelido dell’Assietta.


Inutile dire che i miei cosiddetti amici, diranno che è tutto dovuto allo spesso strato di lardo che, estendendosi sottopelle attorno al mio corpo, mi protegge come i trichechi, dai rigori invernali. E’ vero che in quel periodo ho messo su un bel kiletto all’anno ed alla fine tutto questo conta, ma non credo che sia solo una questione lipidica. Quando ero a Mosca, che strano, nei miei ricordi mi sembra sempre che fosse inverno, faceva sempre un freddo becco. Uscivi da un ambiente caldissimo, magari un po’ appiccicaticcio per l’aria viziata e dall’odore umano caratteristico, nessuno aveva certo la volontà di aprire le mezze finestre con doppi e tripli vetri per fare entrare le folate di nonno gelo e ti trovavi sui larghi marciapiedi scivolosi di ghiaccio della Tvierskaija, mentre l’aria gelata ti penetrava sotto i vestiti prendendoti come in una morsa.


Ti stringevi nella dublijonka spessa e ti calcavi ancora di più la shapka di pelo sulla testa per proteggere le orecchie, ma quando al termine di un respiro affannato sentivi un dolore secco in fondo alla gola, quello era il segnale inequivocabile che il termometro era sotto i 25°C. Non riuscivi neanche a camminare in fretta per raggiungere un luogo riparato, ristorante o albergo che fosse, i pantaloni si attaccavano alle gambe indurite, duri essi stessi come fossero di compensato spesso ed il passo si faceva difficoltoso, pesante. Poi arrivavi alla meta e che sollievo togliersi tutti gli strati di dosso, rientrando nell’aria dolciastra di un calore esagerato, asciugandosi gli occhi lacrimanti. Un alternanza di inferno di ghiaccio e di fuoco che forse forgiava il corpo, chissà, ti levava la mania di lamentarti. Quella volta, appena usciti dai padiglioni della fiera, nelle strade scure e senza luce del primo pomeriggio di un fine gennaio, non sentivi neanche l’odore pungente della benzina bruciata di bassa qualità.


Il Vigilante che stava dritto e immobile vicino alla sbarra, pareva l’omino Michelin, tante giacche e imbottiture aveva addosso e tra visiera di pelo e sciarponi, si vedevano solo gli occhi sofferenti di dover resistere fuori senza neanche una goccia di vodka, battendo i piedi per non congelare. Non ci controllò neanche i pass, mentre andavamo verso la macchina. La maledetta, non voleva saperne di partire e anche lui ci venne a dare una mano a spingere, verso la leggera discesa, tanto per scaldarsi. Appoggiammo le mani dietro, ma quando la macchina partì, il mio collega si mise a gridare come un matto, non aveva i guanti e la pelle dei palmi era rimasta attaccata alla lamiera. C’erano 32°C sotto zero. Quando fa freddo, fa freddo.

venerdì 16 luglio 2010

Il Milione 20: Pelli d'orso.


I nostri amici Polo, che abbiamo lasciato tranquilli per un po'. hanno superato Karakorum e i monti Altai e sfiorando il deserto del Taklamakan, chissà che caldo, e se ne vanno verso nord in cerca di strada più agevole. Non è ben chiaro se arrivano fino al lago Bajkal, che non viene citato specificamente, però di certo Marco descrive la regione circostante, l'attuale Burjatia, che era stata attravarsata durante la variante di viaggio di padre e zio, pochi anni prima.

Cap. 70
...una contrada verso tramontana, la qual si chiama lo piano di Bangu (Burjatia) e dura ben 40 giornate, a capo del quale l'uomo truova lo mare Ozzeano. La gente son chiamate Mecricci (i Mekrit che vivono a sud del Bajkal, nella zona di Chita, paese conosciuto solo dai giocatori di Risiko) e son salvatica gente; egli vivono di bestie e 'l più di cervi. Non hanno biade ne vino; la state hanno caccia e uccellagione assai, di verno non vi stae né bestie né uccelli per il grande freddo....

Accidenti se faceva freddo su quella riva ghiacciata del Bajkal. -32°C, mi assicurava Valentin, scrollando la testa perchè non faceva più quel bel freddo sano di un volta, mentre mi mostrava la lunga pista percorsa dai camion sulla superficie di ghiaccio spesso quattro metri che attraversava diritta l'immenso lago da una sponda all'altra. Ci voleva vendere corna di cervo e bile di orso, cose che, forse si trattavano anche 800 anni fa. Per le pellicce c'erano dei giri loschi, tutta roba che aveva già le sue strade, al pari di diamanti, petrolio e compagnia bella.
Nel ristorante dell'albergo ci ordinò una Okha bollente (vedere qui la ricetta), la minestra/zuppa di pesce di lago che qualcuno dei tanti puntini neri lontani, fermi per ore sul ghiaccio davanti a un buco nel ghiaccio verde, aveva pescato. Sul fianco una bottiglia di vodka e una trivellina per bucare la superficie. I pesci presi, di fianco, già belli che surgelati, una catena del freddo cortissima. In testa pesanti colbacchi di volpe o di ondatra. Questa, lo aveva già capito Marco, è terra di pellicce e l'amico Zhenja pensa ancora adesso alle magnifiche pantofole di pelle di orso che gli riscaldavano le serate moscovite davanti alla televisione. Terra estrema, selvatica e selvaggia, piena di mistero, dove l'estate dura un giorno, dove l'uomo non è contadino, dove è subito sera e le stelle sono difficili da guardare.

Cap. 70
...e vi dico che questo luogo è tanto verso la tramontana che la tramontana (la stella polare) rimane arietro verso mezzodie...

Quando si dice esageriamo!